lunedì, aprile 27, 2009


Rivedevo qualche giorno fa una delle trasposizioni cinematografiche dell'Odissea. Questa in particolare non era delle migliori, ma la sceneggiatura da Oscar dell'eternità perdona qualche debolezza.
La strage dei Proci sembra scritta ieri...ci sono quasi tutti gli ingredienti che appassionano...suspence, amore, sangue, vendetta, rivincita, etc etc. Uno dei casi della vita in cui un elenco sarebbe sempre troppo misero. Mi si perdonino le etc. precoci, ma in questo caso sono onoreficenze, più che pigrizia.
Il requisito fondamentale perché la strage dei Proci risulti interessante è l'ambigua condizione di Ulisse, necessaria per la successiva "agnizione".
Presentatosi come straccione, viene riconosciuto dal cane Argo, che muore di gioia. Si palesa a Telemaco, ma nessuno dei Proci intuisce chi sia, pur incontrandolo. Affascinante poi è la sottigliezza con cui la stessa Penelope non lo riconosca ( o forse sì ? Mah...)
Questo prolisso preambolo per sbugiardare il segreto della creazione teatrale : l'oscurità. Senza una complice penombra la situazione non reggerebbe. Cosa accadrebbe oggi se Ulisse tornasse in casa propria e trovasse il salone illuminato da un controsoffitto a faretti ???
Venti anni sono molti, ma non abbastanza da giustificare un tale pervicace rincoglionimento generale. Sono convinto che ai tempi della saga, la domotica primordiale e la grossolana illuminotecnica autorizzassero la buona fede, senza che alcuno si chiedesse : "Ma questi ci sono o ci fanno ?"
Inoltre ritengo che la vita media dei canidi si sia nel frattempo molto accorciata. Argo campa come minimo 22-23 anni !

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